Le Crete Senesi che troviamo in un’area a sud-est di Siena, che dagli immediati dintorni della città si estende lungo le valli dei fiumi Arbia, Ombrone e Asso, nei comuni di Asciano, Buonconvento, Monteroni d’Arbia, Rapolano Terme e San Giovanni d’Asso sono l’intreccio delle due antiche civiltà etrusca e romana. Le Crete sono formate da terreno argilloso, formatosi durante il Pliocene (tra 5,2 a 1,8 milioni di anni fa), quando la zona era ricoperta dal mare, la composizione del terreno, formato da minutissimi frammenti di piccoli organismi, è data dai sedimenti composti di argille e sabbie di questo bacino marino[1] che permesso di costruire in questo terreno una delle più grandi civiltà evoluta dalla Etruria poi Tuscia e Toscana di oggi[2].

Per il periodo etrusco e romano elenchiamo le varie zone che, con i loro reperti, hanno permesso di rilevare la presenza nel nostro territorio di sicuri stanziamenti umani e la testimonianza della vita materiale e degli atteggiamenti mentali sorretti dalle strutture socio-economiche. In più da questi ritrovamenti viene confermata la nostra sempre più chiara convinzione del territorio di Rapolano quale sede di un importante e ricco centro termale etrusco-romano.

Dopo il periodo etrusco e quello romano, dopo il contrastato arco di tempo dalla caduta dell’Impero Romano di Occidente (476 d.C.) alle invasioni barbariche, al periodo longobardo sulla penisola (VIII sec. D.C.), seguito dalla supremazia del regno dei Franchi, avrà inizio la storia del feudalesimo, e successivamente dei comuni autonomi; è a questo periodo che risalgono le prime notizie su Rapolano, cioè al secolo XI[3].

Numerose erano le guerre e le contese tra i feudatari e le città a causa di liti di confine, di predominio, ecc.

Per quanto riguarda le rivalità di confine, dobbiamo ricordare la secolare lite tra le diocesi di Siena e di Arezzo, iniziata nel VII secolo e terminata nel 1180 per la ripartizione delle pievi. Tra le 5 pievi contese nel 650 d. C., era compresa la pieve paleocristiana di S. Gervasio[4], che in seguito a recenti segnalazioni e rilievi crediamo di aver ubicato in località Montagna di Modanella (l’Estimo la pone infatti nel territorio di Poggio S. Cecilia e la visita pastorale del vescovo Acciaiuoli di Arezzo del 1468 presso Modanella). Non sappiamo quale sia stata la sua fine, sembra scomparire senza lasciare traccia, tantoché per molto tempo si perde persino notizia della sua esistenza e riaffiora soltanto in carte aretine del 1248, nell’Estimo delle Serre del 1320, e in un Decimario aretino del 1390[5]. Possiamo dire con certezza dai resti ritrovati nelle vicinanze dalla Soprintendenza che era la più natica pieve del territorio del comune di Rapolano.

Per molti anni le pievi romaniche erano i posti di importanti centri economici delle chiese locali e ancor di più centri di aggregazione religiosa e culturale delle comunità locali. Le pievi fornivano non solo un luogo dove poter praticare il proprio credo, ma, spesso, anche protezione durante i tempi delle invasioni, un luogo dove incontrarsi per affrontare questioni politiche o cittadine, un luogo dove far riposare i pellegrini ed un punto di riferimento locale in caso di pericolo. Le chiese costituivano anche una sorta di importante luogo per gli artisti e gli artigiani che lavoravano all’interno del triangolo tra Firenze, Siena ed Assisi per esibire le proprie opere, divenendo, ancora una volta, un importante punto di riferimento quando si parla dei molti artisti emergenti del periodo. Artigiani che non solo che realizzavano i capolavori che troviamo all’interno, ma che lavoravano anche all’architettura, alle colonne ed alle facciate delle chiese[6].

Oggi, queste strutture in pietra adornano il paesaggio delle Crete Senesi e si ergono fiere sui versanti principali delle colline oppure distanti da poco dal paese come la nostra di Rapolano.

Pieve di s. Vittore parte con la sua storia da molto lontano perché dalle radici etrusche[7], dove in epoca romana probabilmente il paese era attraversato da una strada di una certa importanza, che forse raccordava la Via Cassia con Siena[8].

La Pieve è situata in una collina isolata fuori dal paese, a poche centinaia di metri dai resti di un fabbricato romano – stabilimento termale?

Soprattutto è una testimonianza della cultura architettonica con delle particolarità tecniche del tempo. Agli visitatori la Pieve si presenta come costruzione in stile basilicale a tre navate concluse da una sola abside e coperte dalla struttura lignea in vista. Il semplice prospetto della facciata è aperto da un portale con arco a tutto sesto e da una monofora decorata da una colonnetta. L’abside presenta un bel rivestimento in filaretto di travertino ed è conclusa da un coronamento di archetti pensili ricavati in un solo blocco di pietra. La torre campanaria, con elementi protoromanici nella parte basamentale, è stata rifatta in epoca moderna nella parte superiore.

All’interno, un frammento di affresco, Sant’Ansano e donatrice, di un artista senese di fine Trecento – inizio Quattrocento, e una terracotta policroma del primo Cinquecento con la Madonna col bambino.

Oltre questo la Pieve racconta le storie: delle persone di questa terra, dei pastori (parroci), della fede: un misterioso incontro tra creatura e Creatore che ha visitato quel luogo per renderlo pieno della Sua Presenza e per realizzare qui il Regno di Dio.

A questo punto vorrei insieme ai miei lettori ricostruire la storia della Pieve ancora ben conservata e più antica nel territorio del Comune e della Parrocchia. La ricostruzione della storia ha provocato delle controversie tra i studiosi riguardo le datazioni della sua origine.

Vorrei presentare all’inizio la storia che troviamo all’interno cioè che cosa a distanza di tanti secoli la Pieve di s. Vittore ci racconta per proseguire con la documentazione e le testimonianze scritte[9]. Desiderio dell’autore è provocare una ricerca personale del lettore sulle ragioni della fede attraverso la storia personale e con aiuto dei monumenti costruiti grazie al desiderio di voler incontrare il Creatore. Uno di questi bellissimi luoghi di fede è la Pieve di s. Vittore.

  1. PIEVE RACCONTA SÉ STESSA

Cominciamo il nostro viaggio lungo i secoli dalla lapide nella navata sinistra quale recita:

DEO OPTIMO MAXIMO

VENTUSTISSIMUM HOCCE TEMPLUM

UTPOTE QUOD SUB DIVI VICTORIS NOMINE

SAECULO QUARTO EXTRUCTUM

ET HODIE AD PRISTINAM RETITUTUTM FORMAM

ARCHIPRSESBITERI GASPARIS ORETTI

PUBBLICO AC PRIVATO AERE QUOQUOMODO AUXILIANTE

SOLICITA CURA ET EXPENSIS

REVERENDISSIMUS A.D. IOANNES VOLPI LUCENSIS

NUPERRIMUS ARRETINUS EPISCOPUS

DEDICAVIT ET CONSECRAVIT

SUN DIE SEPTIMA OCTOBRIS ANNI MCMV[10]

 

Questa lapide ripropone un’antica tradizione che voleva la fondazione della Pieve risalire all’epoca tardo romana, cosi come espresso da una pergamena di XII secolo, conservata presso l’archivio storico di Arezzo, il cui testo ritenuto del IV secolo fa menzione anche del territorio di Rapolano. Questo documento è noto come la Donazione del tribuno romano Zenobio al vescovo d’Arezzo San Donato[11] (Secolo IV). Con questo la Pieve racconta lunga vicenda nell’arco dei secoli, come mai essendo nel territorio senese, appartiene alla giurisdizione del vescovo aretino e il suo passaggio da una curia all’altra.

La diatriba sull’afferenza di alcune pievi alla giurisdizione del presule di Arezzo ebbe inizio intorno al 650, quando Mauro vescovo di Siena ne reclamò presso il vescovo aretino Servando la riconduzione alla propria giurisdizione; tra esse figura quella di san Gervasio, forse la più antica chiesa del territorio rapolanese, situata tra Poggia Santa Cecilia e Modanella[12] e fine intorno al 1124 dopo la morte del papa Calisto II.

  1. Pellegrini così descrive questo particolare momento: “riferendosi alla breve stagione in cui, dopo la primavera del 1124, la Chiesa senese poté prendere possesso delle chiese battesimali poste oltre il confine orientale della diocesi ( … ); seguendo il vescovo Gualfredo nell’itinerario da lui compiuto dall’una all’altra delle pievi nuovamente acquisite per riceverne corporale investitura dai legati papali, possiamo percepire l’impiego sapiente dell’arma della predicazione a sostegno del programma di annessione di questi territori alla sfera di influenza senese ( … ). Mettendo poi a frutto i suoi diritti di ordinario su un piano decisamente più operativo, Gualfredo provvide ad una drastica reinvestitura di quelle pievi in favore di chierici senesi con una capillare operazione che si mostrò attenta sia al rispetto degli equilibri di forza presenti in ambito locale, sia ad assicurare un forte collegamento con la sua sede vescovile, favorendo decisamente l’attribuzione delle nuove pievi ad esponenti del clero maggiore di Siena”[13]. Dopo questa sentenza per i Vescovo aretino Guido Boccatorta tutto sembrava perduto e la sofferenza provocata dalla perdita di una chiesa così importante sembrava infinta. Ma come succede nella vita, la Provvidenza è di nuovo arrivata ad Arezzo: “il 1 dicembre 1124, chiamo (Dio) all’eterno riposo il papa Calisto II”[14] e Guido, vescovo aretino si trovava nella sede papale, quando è giunto il “prodigio” attestato dal fabbro ferraio Manno, cittadino aretino: “ Ero a Roma nella casa di San Giovanni Laterano al seguito di Guido vescovo di Arezzo quando mi si presentò un uomo molto vecchio, che mi disse: “Tu, o chierico, va dal vescovo d’Arezzo e digli che vada dal nipote del signor papa, e lo preghi che si faccia avere un libro che è nel Monte Soratte, tra i cancelli a mano destra, sopra un leggio; in quel libro c’è la piena ragione e la vittoria della chiesa aretina su di codesta controversia che egli ha col vescovo di Siena”. Andai subito dal vescovo stesso e gli raccontai quel che avevo udito da quel vecchio. E tosto il vescovo mi rispose: “va e conducimi quel vecchio”. Andai, ma non potei più ritrovarlo. E si credette da molti che quel vecchio fosse San Donato. Fece dunque il vescovo in modo d’avere quel libro, e lo mostrò al signor Papa. Vinse di poi la lite per soccorso di quel libro dinanzi al signor Papa e così ritornò vittorioso ad Arezzo[15].

Prima della riconsegna fu fatto dal vescovo Guido trascrivere, per conservare nell’archivio della sua chiesa, assai più diligentemente che non si era fatto prima, un documento così importante e sicuro dei diritti della Chiesa aretina. Si hanno oggi nell’archivio della Cattedrale aretina tre copie del codice”[16], (. .. ). Non dovevano aver tardato molto dalla sentenza definitiva di Alessandro III (1180 circa) nell’esultanza della vittoria ottenuta si faticosamente, a consacrare nel marmo l’atto benefico dell’antico Tribuno, che era stato prova apodittica del buon diritto della Chiesa aretina”[17]. A questo punto il vescovo Guido con un documento scritto poteva dimostrare che “tutto quel territorio era stato sotto la giurisdizione episcopale aretina fin dal tempo dell’imperatore Valentiniano II e precisamente dall’anno 377”[18] e arciprete Gaspero Oretti rifacendosi a questa data scrive nella lapide: “saeculo quatro extructum”.

  1. I DOCUMENTI CHE RACCONTANO PIEVE

Passiamo alla ricostruzione della storia della Pieve grazie al volume “Rapolano e il suo territorio notizie e documenti” in seguito riporto testo originale[19] e in ordine cronologico:

  1. Nel manoscritto del Pecci (sec. XVIII) “Descrizione di terre e castelli che sono e sono stati sudditi della città di Siena”, leggiamo allibro IX (pag. 157 – 170), “… Amministra i sacramenti agli abitanti della terra (Rapolano) il pievano della pieve di S. Vittore che non è dalle mura molto distante. Questa pieve è di libera collezione, ha vasta giurisdizione, perché si estende in parte della corte di Asciano e gli è unita la chiese parrocchiale di S. Biagio di Armaiolo”.
  2. Nel IV volume del Dizionario geografico fisico storico della Toscana del Repetti (Firenze 1841), alla voce “Rapolano” pag. 725-726 leggiamo: “cotesto tempio esisteva fino dal sec. VIII d.C. trovandolo rammentato senta Indicazione di località nella gran controversia fra i Vescovi di Siena contro quelli dì Arezzo …”.

Ed anche molto importante quando ricorda che: “Fra le membrane (pergamene) degli Agostiniani di Siena, Ora nell’ Arch. Dipl. Fior. esiste una bolla del Pont. Urbano IV del 2 luglio, 1262 spedita da Viterbo al pievano della pieve di Rapolano, ad oggetto d’indurre la potestà, capitano, consoli e Comune di Siena a revocare un ordine bandito contro l’abate e monaci di s. Maria a Monte-Follonica dell’ordine di S. Benedetto, col quale invitavano gli uomini di Monte-Follonica ad emanciparsi dalla soggezione spirituale e temporale verso detti monaci e abate, e dalla responsione dei diritti loro appartenenti…”.

  1. Nel volume di Bargagli Petrucci “Montepulciano. Chiusi e la Val di Chiana senese” (Bergamo 1932) a pag. 43 troviamo: “nella contesa tra i vescovi di Arezzo e di Siena, agitatasi lungamente nel sec. VIII per questioni di giurisdizione trova si ricordata la Pieve di Rapolano, bellissima chiese a tre navate, posta, all’uso antico, fuori del castello e ora dedicata a s. Vittorio. Questo paese rimase definitivamente sotto la giurisdizione del Vescovo di Arezzo il quale volle perfino estendere il suo dominio fino alle porte di Siena onde includervi la Pieve del Bozzone, luogo dove fu giustiziato il Battista di Siena s. Ansano.”.
  2. Ne “La donazione del tribuno romano Zenobio al Vescovo di Arezzo S. Donato (sec. IV)” di G. Lazzeri (Arezzo 1938) nelle pag. 26 – 30 riporta la trascrizione di un famoso codice del IV sec., da alcuni ritenuto apocrifo. Di questo codice si hanno nell’ Archivio della Cattedrale di Arezzo tre copie in pergamena, tutte e tre dell’XI sec. In queste pergamene troviamo ricordato il territorio dove era situata la Pieve.
  3. In “Siena e la sua provincia – guida annuario 1931” (Siena 1931) a pag. 701-702 parlando del Comune di Rapolano, l’anonimo articolista così scrive “…. L’antica pieve di S. Vittore si crede che risalga alla fine del IV sec. D.C. Alcune memorie riferiscono che nel 370 d.C. una certa Zenobia fece donazione al Vescovo di Arezzo con lettera che ricorda questa chiesa la quale era, per la sua estensione, la più importante di quel Vescovado. La sua attuale costruzione in stile romanico a tre navate con abside semicircolare sembra che sia stata eseguita per conto della Contessa Matilde di Canossa. Vi si trova un affresco di scuola senese che, secondo un’iscrizione graffito, rappresenta l’apostolo di Siena S. Ansano…”.
  4. Nell’opuscolo dell’Arciprete Don Jacopo Gennai “pellegrinaggio intervicariale al Santuario di Maria S.S. della Cintura…”, (Siena 1939) alle pag. 5-6 l’autore scrive: “… leggo in alcune memorie di Archivio che nel 370 una certa Zenobia fece una donazione a tale Donato Vescovo d’Arezzo con lettera che ricorda la chiesa di s. Vittore la quale era, per sua estensione, la più importante per il Vescovo di Arezzo”. Dà notizia anche della iscrizione della lapide marmorea che l’Arciprete Don Oretti nel 1905 fece porre sulla parete di sinistra, entrando nella Pieve dalla porta centrale. Essa dice all’inizio: “Vetusttssimum hocce templum utpote quod sub divi Victoris nomine, seeculo quarto extructum”, (cioè costruita nel IV secolo). Don Gennai però fa presente che i suoi documenti di Archivio non riferiscono le basi storiche per spiegare le notizie della surriferita epigrafe, e continua: “…ma si ritiene per certo che l’attuale tempio sia stato ampliato e ridotto all’odierna forma ai tempi della Contessa Matilde di Canossa (1046-115).
  5. Nell’ultimo dépliant della Pro Loco di Rapolano, Quando si parla della secolare controversia tra le diocesi di Siena e di Arezzo, la Pieve di S. Vittore a Rapolano “è enumerata nel primo elenco di esse (pievi) allegato al giudicato di Ambrogio, Maggiordomo del Longobardo Re Liutprando dell’anno 715”.
  6. Nel volume di Mario Moretti “L’architettura romanica religiosa nel territorio dell’antica repubblica senese” (Parma 1962), l’autore, dopo molti dubbi e perplessità, definisce compito quanto mai arduo per vari motivi inserire la pieve nel quadro dell’architettura romanica del XII e del XIII secolo. “Il carattere dell’interno poi addirittura sconcertante, se non si avanzasse l’ipotesi che la sistemazione attuale piuttosto tarda, forse della fine del XIII sec. o dell’inizio del XIV, si sia giovata degli elementi architettonici di una costruzione più antica, forse di epoca pre-romanica”.
  7. Notevole ed indicativo il fatto che, nelle prime locali cartoline illustrate della nostra Pieve, la didascalia riporta “Antica pieve di s. Vittore (sec. IV)”; nelle successive del 1925 e oltre, il sec. IV è corretto in sec. X, in quelle posteriori non viene riportata alcuna data.

Tutta questa documentazione sulla Pieve, unitamente al fatto che è quasi sempre indicata come “Pieve vecchia” ha la sua precisa importanza per la soluzione di questa davvero sconcertante datazione che vorremmo chiarire (sec. IV, sec X o sec. XIII?).

 

  1. SANTO DELLA PIEVE

La problematica del titolo della Pieve è stata di recente motivo delle ricerche storiche[20]. Da esse possiamo dire con certezza che è assai complicata. È necessario per lo studio di ogni pieve, il ricorrere a tutti i mezzi possibili (oltre all’altimetria, ai toponimi, alle tracce archeologiche, ai percorsi delle vie etrusche – romane, agli antichi “pagi” e “vici”), anche l’indagine sui titoli “cioè i santi titolari delle chiese e delle pievi”.

Lo storico di Arezzo, Mons. Angelo Tafi a pag. 192 scrive nel volume: “La chiesa aretina dalle origini al1032” a proposito del titolo della nostra chiesa:“quanto a S. Vittore o Vittorio di Rapolano, isolata e fuori del borgo medioevale, ci sono buone probabilità che, come chiesa, sia paleocristiana. Strada e stanziamento romano sono sicuri, il toponimo-fitonimo si riferisce a terreni coltivati a rape”.

Di solito permangono quelli primitivi. Ma anche le “esaugurazioni” (cioè i cambiamenti del santo titolare) sono state abbastanza frequenti. Il ritrovare antico primitivo titolo è quindi un buon metodo per stabilire le origini” di una chiesa o di una pieve. In linea generale, riguardo al santo protettore, il titolo della chiesa, nei primi secoli cristiani, dava la precedenza ai ss. Apostoli, alla Madonna, ai Martiri cristiani ecc… Sempre Mons. Tafi nel volume citato, a pag. 203 nell’elenco delle titolazioni di varie pievi, dice: “una intitolata s. Vittore quella di Rapolano, ma non sappiamo precisare se si tratta del martire di Milano”. Alfredo Maroni nel suo libro “Prime comunità cristiane e strade romane nei territori di Arezzo, Siena, Chiusi”, dalle origini al sec. VIII (Siena 1973) riferisce a pag. 36: “… la pieve di S. Vittore di Rapolano è ricordata per la prima volta nel 1029 e ha ricevuto sicuramente il titolo, la prerogativa di pieve, fra l’VIII e il X sec., in seguito alla spartizione del territorio della paleocristiana chiesa di S. Gervasio situata nella piana del Sentino”.

L’opera dei autori[21] ragiona su quel idronimo – teonimo Sentino attribuendolo alle popolazioni di allevatori seminomadi della civiltà appenninica, popolazioni estese su ambedue versanti della penisola collegando la Pieve di s. Vittore all’abbazia di s. Vittore delle Grotte di Frasassi proveniente dai tempi pagani[22].  Vi sono stati rinvenuti rocchi di colonne di granito e resti di mosaici. Nelle Marche anche l’altra chiesa con questo titolo, quella di S. Vittore di Tavignano, presso il fiume Musone, era stata costruita su un tempio pagano. Vi è stata infatti trovata un’epigrafe nella quale si parla di un collegium deorum e un’ altra che attesta il culto di Ercole[23].

Da quanto abbiamo rilevato si può ipotizzare che il culto di S. Vittore sostituisce nelle Marche e in Toscana, nelle tre chiese di Rapolano, di Frasassi e di Tavignano, un culto pagano. Quello che unisce due zone e paesi cioè, Rapolano e a Frasassi, è il culto risalente ad una divinità preistorica Sente/Sentinus, che in epoca romana nelle due sorgenti salutari può essere stata assimilata ad un’altra divinità, pur restando il nome della divinità preistorica al corso d’acqua[24]. La scelta del martire milanese Vittore nella sostituzione cristiana può essere dovuta o al nome, interpretato polemicamente come affermazione della vittoria cristiana sul paganesimo, o al fatto che a S. Vittore si attribuiva la guarigione di certe malattie. Come sembra far supporre un passo di Ennodio, che si dichiarava guarito dal santo[25]. Oppure potrebbe essere ipotizzato una continuità tra le chiese aretina e milanese che venerano entrambe il grande vescovo Donato. Il santo militante e martire milanese Vittore può essere il simbolo della potenza politica del Vescovo aretino e segno della presenza dei Longobardi, dei quali è nota la predilezione per santi che avevano predicato attività guerresche. A questo punto possiamo ancora una volta ipotizzate che la fondazione di chiese di S. Vittore ne l’Italia centrale, più che per l’iniziativa di un vescovo, o di una comunità di sacerdoti, sembrerebbe per una direttiva della ben nota politica religiosa della monarchia longobarda del secolo VIII, impegnata nella lotta contro le più tenaci sopravvivenze del paganesimo. S. Vittore è stato indicato come dedicazione missionaria per l’area settentrionale da Pier Maria Conti[26] nell’Italia centrale l’attuazione di questa politica regia è probabilmente da attribuirsi a correnti missionarie di provenienza transpadana[27].

Oltre i motivi di sostituzione dei edifici da quelli pagani a quelli cristiani e il motivo delle esaugurazioni ricordate che spiegano la vicenda titolo della chiesa rimane la convinzione di datare la costruzione della Pieve al IV sec. La ragione che sostiene codesta tesi viene anche della notizia che troviamo in un vecchio documento di proprietà del Dr. Lecchini E., una fonte mai citata: “… L’abate … ricorda che, sulla metà del 1600, era memoria comune e continuata che Sant’Ansano, prima di varcare il fiume Ombrone, si fermasse nel cestello di Rapolano per dirozzare quei greggi campagnoli nei rudimenti di s. religione e di umanità che formasse là un ospizio per ricovero dei malati nel posto più alto e salubre di quel Castello, e che egli stesso insegnasse ivi la pratica di assistere ed esortare gli infermi con amore e di fare preghiere adattate ai rispettivi bisogni temporali ed eterni. In avvenire quel locale divenne Chiesa dedicata alla memoria ed alla venerazione di S. Ansano, poi vi vena ne trasportato il Titolo dell’antica Pieve locale, cioè S. Bartolomeo apostolo, quando la parrocchia prese per avvocato e per titolare San Vittore martire”. Questo ci dimostra un altro fattore che viene con il titolo S. Vittore, cioè la desaugurazione di un titolo più antico (un apostolo San Bartolomeo) che vediamo attribuire di regola alle pievi paleocristiane. Sarà necessario trovare quindi il S. Bartolomeo che manca. Sono in corso perciò accertamenti presso la Curia di Arezzo ed altrove. Notevole ed indicativo argomento per sostenere la tesi è che nella Pieve di San Vittore sono state trovate statue lignee policrome rappresentanti S. Bartolomeo scorticato da un carnefice.

Dal punto di vista architettonico, la pianta della chiesa, come è la forma più frequente e comune è rettangolare a tre navate con una sola abside semicircolare, rispondente alla navata centrale. Secondo Mario Moretti (opera ed autore citati) non sembra possibile stabilire con sicurezza se il complesso sia sorto originariamente con una sola abside. Alcune tracce nelle pareti a lato dell’abside stessa sembrano delineare l’impostarsi di una absidiola. Sempre il Moretti, facendo presenti varie irregolarità delle colonne e delle arcate dell’interno, afferma che l’unica parte della chiesa che presenta una certa organicità è senza dubbio quella terminale della navata principale dove l’abside, cinta dall’esterno da archetti, è all’interno preceduta, alla maniera lombarda, da una volta a botte.

Fra le altre notizie notevoli riportiamo:

  • Nella filza “Benefiziale”, presso la Curia di Arezzo (annata 1750-52) al f. II prima pagina, si legge il Decreto vescovile di Mons. Carlo Filippo Incontri, con il quale si conferiscono speciali privilegi al Parroco della Pieve di Rapolano e cioè: il titolo di Arciprete e l’abito violaceo.
  • Nel Transunto Generale dell’Archivio di Rapolano in Monte oliveto Maggiore leggiamo che con Motu Proprio di S.A.R. Pietro Leopoldo, in data 31 dicembre 1775 viene soppressa l’Abbazia Olivetana di S. Maria Assunta in Rapolano (fondata nel 1646) e ne viene data l’esecuzione con il gennaio 1776. Il 3 aprile dello stesso anno, con Decreto Vescovile di Mons. Angelo Franceschi, diviene chiesa parrocchiale, (l’attuale Arcipretura).
  • Sulla Translazione della chiesa (parrocchia) di S. Vittore alla chiesa di S. Maria Assunta in Rapolano (Archivio Vescovile filze 1775 e 1777 pag. 596) vi si legge una lettera del Senatore Rucellai con queste espressioni riprese all’articolo 4 che riportiamo:

Art 4. “La parrocchia è trasportata nel Monastero, accordando ai Monaci un fabbricato per uso di fattoria e si stabilisce un cappellano (alla Pieve) con rendita di scudi 60 e più a carico sempre del Monastero scudi annui 40 per mantenimento fabbricati. Un altro cappellano era tenuto dall’Arciprete a sue spese”.

Lo stesso Rucellai scrive una lettera nella quale dice che debbansi trasportare le campane di S. Vittore in Arcipretura a carico del Parroco e a carico degli olivetani debbasi costruire il campanile.

Nel libro “Familiarum Tabulae” presso l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore anno 1673 f. 313 leggiamo: “…. Abbazia della SS. Assunta di Rapolano fu conceduta l’anno 1673 al Padre Abate D. Ippolito De Vecchi olivetano, sua vita durante, da Clemente X, Sommo Pontefice, per suo Breve come f. 336 e 345.” (V. anche A.S. Siena Sez. Monte Oliveto Maggiore).

Tralasciando l’elenco ininterrotto degli Abati che si sono successi nel tempo nell’Archivio Parrocchiale troviamo l’elenco dei Pievani e Arcipreti di Rapolano i quali hanno svolto il servizio sacerdotale in questa comunità.

PIEVE DI S. VITTORE OGGI – RESTAURO DEL CAMPANILE.

Dopo la celebrazione della s. Comunione ai ragazzi al inizio di maggio 2017 siamo stati allarmati da una persona, ospite di una famiglia della prima comunione, che il campanile ha bisogno di una mano. Insieme al Custode della Pieve sig. Bruno Bandini abbiamo contattato l’architetto Tarcisio Bratto, il quale circa 30 anni fa ha progettato il restauro della Pieve. Di sotto ho riportato la relazione del 1 sopraluogo:

Siena, 1-giugno 2017

SOPRALLUOGO PER VERIFICARE LE CONDIZIONI DI STATICHE

DI SICUREZZA DELLA TORRE CAMPANARIA DELLA PIEVE DI SAN VITTORE A RAPOLANO TERME

In data odierna mi sono recato presso la pieve in oggetto ed ho effettuato un primo sopralluogo per prendere visione di ciò che è possibile rilevare da terra e dal tetto della chiesa, con l’unico ausilio di una macchina fotografica e di binocoli.

All’interno della torre campanaria non vi sono scale che permettono di raggiungere la cella campanaria e quindi la sommità del tetto e di rilevare più da vicino lo stato di conservazione dei materiali.

Da questo primo esame visivo si ricava una situazione assai precaria relativa alla cella campanaria, con varie lesioni che interessano le murature portanti perimetrali e gli archi delle aperture, più accentuati sui fronti est ed ovest. In particolare si segnala un dissesto evidente dell’angolata est-ovest con rotazione e veleggiamento verso l’esterno.

La documentazione fotografica allegata mostra in modo sintetico tale situazione.

Per verificare più compiutamente lo stato di conservazione, è necessario un ulteriore sopralluogo, con impiego di un cestello elevatore, che permetta anche di visionare la copertura e l’interno della cella campanaria ed effettuare alcuni saggi sulle strutture lignee e sulle murature.

Arch. Tarcisio Bratto

Dopo questa prima visita a distanza degli anni Architetto ha mostrato tutta a la sua preoccupazione per lo stato di degrado della struttura del campanile ed anche una gratitudine di poter dopo anni dal primo lavoro nella Pieve, ancora una volta far parte della storia di questo luogo di culto. Lui stesso descrive questa sua esperienza: “Fra il 1989 ed il 1991 la chiesa è stata oggetto di un’importante intervento di consolidamento e restauro. Questi lavori non interessarono però la torre campanaria, in quanto lo stato di conservazione non presentava particolari preoccupazioni, a differenza della chiesa. La torre campanaria venne comunque esaminata, rilevata metricamente e rappresentata graficamente negli elaborati grafici utilizzati per la presentazione del progetto di restauro della chiesa, così che oggi costituisce una base di studio molto utile per descrivere lo stato di fatto”.

Ci siamo attivati per trovare i fondi.

Nel fra tempo arriva il secondo sopraluogo. Questa volta bene preparato e accurato. Ecco la parte interessante della relazione per dare idea al lettore dello stato del campanile:

Intervento:

ANALISI DEI DISSESTI ED IPOTESI DI INTERVENTI PER IL CONSOLIDAMENTO DELLA STRUTTURA MURARIA DEL CAMPANILE DELLA PIEVE ROMANICA DI SAN VITTORE A RAPOLANO TERME (SI)

Relazione descrittiva Siena, luglio 2017

I Tecnici (Arch. Tarcisio Bratto – Ing. Giovanni Corti)

 

Il campanile rappresenta la sola porzione presa in esame tra le varie parti che compongono il complesso della pieve romanica, trattandosi della parte maggiormente esposta alla presenza di vistosi quadri fessurativi che ne caratterizzano prevalentemente la zona all’altezza della cella campanaria. Il campanile in esame, nella parte sommitale (risalente al XVIII secolo), è composto da una muratura formata in prevalenza da mattoni di laterizio e completata localmente con elementi lapidei. Tali presenze di pietrame, nello specifico, sono costituiti da travertino in corso di formazione (in gergo, il cosiddetto “gallazzone”) e sono riconoscibili per lo più nelle aree murarie dei parapetti (tratti interni dei davanzali, ecc.) e nelle facce interne delle pareti soprastanti gli archi della cella campanaria. Il volume sommitale del campanile risulta impostato, a quota più bassa, su un tozzo volume in muratura di pietrame realizzato in epoca più antica.

I tratti del campanile maggiormente interessati dai dissesti sono riscontrati sui lati sud ed est, vale a dire sui lati orientati rispettivamente verso la navata della chiesa e verso l’abside.

La faccia est del campanile risulta caratterizzata, nella parte basamentale in pietrame, dalla presenza di un’apertura tamponata di cui si intravede facilmente l’originaria struttura ad arco che la sovrasta. Dalla quota di imposta dell’arco si dipartono delle lesioni, piuttosto vistose, che trovano una naturale prosecuzione nella parte superiore del campanile, all’altezza delle strutture in laterizio che formano la cella campanaria. In ognuna di queste parti si nota un allentamento trasversale nel tessuto murario del manufatto, con lesioni ad andamento prevalentemente verticale e rotture in alcuni mattoni. Le lesioni proseguono fino alla cornice di gronda che delimita la copertura del campanile, laddove l’allentamento orizzontale nella tessitura muraria e le rispettive lesioni verticali interessano in modo diffuso l’intera struttura della cella campanaria.

Nelle fotografie è riportata la vista generale del lato est del campanile così come si offre alla vista nella configurazione reale e, in aggiunta, in una versione elaborata nella quale viene messa in evidenza la posizione delle lesioni più ampie e riconoscibili. La tendenza mostrata dalla struttura ad “aprirsi” lateralmente si ripercuote, inoltre, sull’arco sovrastante l’apertura della cella, con il distacco e la conseguente ricalatura di un paio di mattoni in prossimità della sezione di chiave.

I quadri fessurativi su questo lato del campanile, con le varie lesioni verticali ed i distacchi tra corpi murari principali e murature di paramento, con una vista di insieme delle strutture in laterizio dei pilastri che evidenzia le fenditure più evidenti e con alcune viste di dettaglio più ravvicinate sulle singole discontinuità riscontrate.

I cinematismi in atto sulla facciata est del campanile trovano un diretto riscontro anche nelle manifestazioni di dissesto riconoscibili sull’adiacente prospetto dal lato sud, altra porzione del campanile profondamente coinvolta da diffusi danneggiamenti. Su questo lato, le lesioni più vistose sono concentrate nella fascia soprastante l’arco della cella campanaria, in particolar modo dalla parte che interessa l’angolo sud-est, in quanto tale zona si trova influenzata direttamente dagli stessi cinematismi che sono stati descritti in precedenza per il fronte est.

La formazione dei danneggiamenti sulla fascia muraria sommitale ha portato, localmente, alla perdita di planarità della struttura ed al distacco reciproco tra alcuni paramenti e le sezioni resistenti in prossimità del pilastro d’angolo, oltre che alla rottura dei mattoni che costituiscono l’arco portante della finestra della cella, con un’ampia lesione longitudinale che interessa l’intera metà destra della struttura. Tutte le fessurazioni descritte sono accompagnate da interventi di ristilatura e di stuccatura che appaiono piuttosto datati, a dimostrazione di come i dissesti in atto non abbiano un’origine particolarmente recente, benché sia ipotizzabile un’evoluzione tutt’ora in corso per i suddetti fenomeni. Ad ulteriore conferma di quanto detto, si segnala la presenza di due catene metalliche i cui paletti di capochiave sono visibili sui pilastri d’angolo in mattoni all’altezza degli archi che caratterizzano le aperture della cella campanaria. Per la precisione, le catene sono state posizionate in adiacenza alle due facciate est e sud, vale a dire a contenimento dei cinematismi di “apertura” trasversale sui due lati del campanile fin qui descritti. Le catene esistenti, costituite da barre in acciaio a sezione rettangolare (“quadrelli” di sezione 30×20 mm), sono riconoscibili nelle viste generali.

Per quanto riguarda i lati nord ed ovest, occorre segnalare la presenza di alcune lesioni che, per posizione ed orientamento, denotano la presenza, benché in misura più contenuta, degli stessi meccanismi di distacco trasversale che sono stati riscontrati in forma più evidente sugli altri due lati. In particolare, sul lato nord si nota la manifestazione di una lesione ad andamento pressoché verticale che coinvolge per quasi tutta l’altezza il pilastro in mattoni a sinistra della cella campanaria (andando ad interessare anche il volume di imposta in muratura di pietrame), mentre la metà destra risulta affetta prevalentemente da una lesione nella fascia sommitale compresa tra la cornice di gronda e l’arco dell’apertura.

Relativamente al prospetto rivolto verso ovest, affacciato sul cortile interno racchiuso tra la chiesa ed i locali parrocchiali adiacenti, si rileva che si tratta del lato del campanile con le strutture murarie meglio conservate. I quadri fessurativi, comunque presenti anche su questa facciata, appaiono più contenuti sia per estensione che per ampiezza delle fenditure e sono riconoscibili prevalentemente nella parte sommitale che sovrasta la finestra della cella. Tuttavia, benché di entità più ridotta, le lesioni esistenti sono comunque sufficienti a denotare, anche su questo lato della struttura, la sussistenza degli stessi cinematismi di distacco trasversale che coinvolgono l’intero volume del campanile.

Come ulteriore elemento di indebolimento delle strutture murarie del campanile, è stata riscontrata la presenza di numerose cavità (buche pontaie o simili) sulle facce interne dei pilastri in muratura di mattoni che delimitano la cella campanaria. Tali vuoti, talvolta di ampiezza notevole, danno vita ad una serie di discontinuità locali che compromettono la regolarità della tessitura in mattoni e rappresentano dei punti privilegiati per l’innesco delle lesioni che, come abbiamo descritto, parzializzano diffusamente la struttura muraria del campanile. A conferma di quanto detto, si nota che i pilastri in mattoni, sul lato interno alla cella campanaria, sono affetti da ampie lesioni verticali che vanno ad aggiungersi a quelle già descritte relativamente alle facce esterne della struttura. Le lesioni interne, per di più, interessano più o meno in egual misura tutti i lati del campanile, andando a coinvolgere profondamente anche i pilastri della parte ovest che, come abbiamo detto, visti da fuori mostrano uno stato di conservazione più soddisfacente. Ad accentuare lo stato di dissesto e di scarsa collaborazione tra le parti strutturali della cella campanaria, si segnala l’assenza di un’efficace ammorsatura tra le murature portanti dei pilastri d’angolo ed i tratti di parete che incorniciano le aperture della cella. In tal senso, le zone di raccordo tra i pilastri ed i volumi murari di” tamponamento” risultano soggetti, più di altre zone, alla formazione di distacchi e di fenditure particolarmente profonde ed evidenti.

In aggiunta a quanto detto, in occasione del sopralluogo è stato appurato un evidente stato di degrado per le strutture lignee che sostengono la copertura del campanile e che sorreggono le campane della cella. Particolarmente compromessa è apparsa la condizione di un puntone diagonale che occupa un displuvio del padiglione di copertura.

Tuttavia, lo stato di conservazione delle membrature lignee del campanile risulta precario in misura molto estesa e alquanto diffusa, andando a coinvolgere un po’ tutti gli elementi degli orizzontamenti esistenti. Ne sono la prova le travi dei piccoli solai interni che costituiscono i ripiani di accesso alla cella campanaria, interessate dà segni di degrado ben visibili ed approfonditi. Inoltre, si segnala la necessità di procedere anche ad una risistemazione del manto a coppi ed embrici che, allo stato attuale, si mostra particolarmente disorganizzato e con numerosi elementi smossi e fuoriusciti delle rispettive sedi di alloggiamento. In prossimità del perimetro di gronda, infatti, potrebbero verificarsi anche cadute verso il basso di alcuni elementi (o di loro pezzi), con conseguenti condizioni di pericolo per l’incolumità delle persone e per l’integrità delle coperture dei corpi di fabbrica sottostanti.

Un simile rischio si ravvisa, in generale, anche per le varie cornici che decorano ed arricchiscono, a quote diverse, la struttura in laterizio della cella campanaria. Non a caso, in corrispondenza di più di un aggetto è stata riscontrata la presenza di interi mattoni, pezzi di laterizio o modanature di vario tipo affetti da una totale assenza di ammorsamento con la struttura retrostante, la qual cosa rende tali componenti notevolmente soggette al rischio di distacco e di possibile caduta.

In alcuni casi, l’esistenza di alcune sedi vacanti mostra che i distacchi sono già avvenuti in passato. Ciò denuncia chiaramente la condizione di estrema vulnerabilità a cui sono soggetti gli aggetti delle cornici che, nel corso del tempo, si sono trovati esposti al ripetuto effetto disgregante e dilavante delle precipitazioni meteoriche.

 

BREVE DESCRIZIONE

DEGLI INTERVENTI DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA

E CONSOLIDAMENTO PROPOSTI

Come detto in precedenza, i principali cinematismi in atto sul campanile sono interessati da un allentamento trasversale nelle strutture murarie, con la formazione di fessurazioni ad andamento prevalentemente verticale ed una conseguente tendenza all’apertura laterale da parte delle pareti che formano la cella campanaria e, in parte, il sottostante volume in pietrame. Per contrastare tale famiglia di cinematismi sarà necessario operare con interventi mirati al confinamento laterale delle strutture murarie, in modo da contenere le spinte trasversali ed evitare il propagarsi delle lesioni esistenti.

L’introduzione di rinforzi per il confinamento locale dovrà essere estesa alle diverse quote del campanile alle quali sia stata riscontrata la presenza di spinte laterali non contrastate o, comunque, la tendenza all’apertura verso l’esterno delle componenti murarie prese in esame. Ovviamente, tali presidi per il contenimento laterale dovranno essere accompagnati da altri interventi di ricucitura e di ripristino della continuità strutturale delle murature, particolarmente laddove si individuino le discontinuità più evidenti, le più gravose parzializzazioni delle sezioni resistenti ed i più profondi effetti del degrado, del dilavamento e della disgregazione dei materiali. In estrema sintesi, gli interventi proposti risultano i seguenti:

  • -consolidamento delle murature, con inserimento di catene, cuciture armate, ripristino di porzioni ammalorate o mancanti, ripristino della continuità strutturale con risarcimento delle lesioni, ripristino delle cornici e modanature, ripristino della stuccatura dei giunti;
  • rifacimento dei solai interpiano con sostituzione dell’intera struttura lignea e degli impalcati
  • rifacimento della struttura di sostegno delle campane
  • rifacimento completo del tetto

Considerazioni conclusive Lo stato di conservazione della struttura del campanile, come appurato in occasione del sopralluogo ed illustrato con le analisi precedenti, risulta essere decisamente precario e, soprattutto, suscettibile di ulteriori peggioramenti nel corso del tempo. Al momento attuale, senza un’analisi numerica approfondita e l’esecuzione di ulteriori indagini in situ, appare difficile stimare il livello di sicurezza della struttura, ma si ritiene indispensabile un intervento esteso all’intera struttura del campanile.

In considerazione però dell’impegno economico di una certa rilevanza

  • come sinteticamente illustrato qui di seguito
  • e dei tempi per la redazione della progettazione e l’ottenimento delle necessarie autorizzazioni, si avanza anche l’ipotesi di effettuare un primo urgente intervento di messa in sicurezza.

con alcune misure di presidio per arrestare l’evoluzione dei dissesti in atto e scongiurare il rischio di un collasso generale di parti più o meno consistenti della struttura. Le suddette misure, da attuarsi in attesa di un intervento di consolidamento vero e proprio, devono essere interpretate come “interventi minimi” con carattere di urgenza per la semplice messa in sicurezza del campanile.

 

ITER TECNICO AMMINISTRATIVO, TEMPISTICHE E COSTI

 

SOLUZIONE 1: MESSA IN SICUREZZA CON CARATTERE DI URGENZA

  1. Progettazione amministrativa ed esecutiva strutturale
  2. Comunicazione alla Soprintendenza e al Comune prima dell’inizio dei lavori
  3. Allestimento del cantiere con montaggio ponteggi e montacarichi e realizzazione dell’intervento

Tempo totale per portare a compimento l’opera dal momento dell’incarico circa mesi 2

 

Costo complessivo (allestimento del cantiere, lavori e spese tecniche) da € 25.000 a € 30.000 SOLUZIONE

SOLUZIONE 2: MANUTENZIONE STRAORDINARIA E CONSOLIDAMENTO DELL’INTERA STRUTTURA

  1. Progettazione amministrativa ed esecutiva strutturale
  2. Ottenimento del Nulla Osta della Soprintendenza, deposito al Genio Civile, deposito Scia al Comune, prima dell’inizio dei lavori 3-Allestimento del cantiere con montaggio ponteggi e montacarichi e realizzazione dell’intervento

Tempo totale per portare a compimento l’opera dal momento dell’incarico circa mesi 8 Costo complessivo (allestimento del cantiere, lavori e spese tecniche) da € 90.000 a € 110.000

N.B. La soluzione che garantisce l’ottimizzazione dei tempi ed un significativo risparmio economico è la soluzione 2, allestendo però il cantiere immediatamente dopo aver presentato la domanda per il Nulla Osta alla Soprintendenza ed effettuando solo alcuni modesti interventi di messa in sicurezza – possibili con l’aiuto dei ponteggi – nell’attesa del Nulla Osta e dell’effettuazione dei lavori definitivi.

 

 

Siena, 5 luglio 2017

I Tecnici incaricati  Arch. Tarcisio Bratto – Ing. Giovanni Corti )

 

 

 

Cosi brevemente si presenta la problematica del presente storia della Pieve, cioè ilrestauro e il costo abbastanza elevato da sostenere dalla parte della parrocchia. Dalle iniziative prese da parte del Parroco e Consigli Parrocchiale ed Economico si sono attivate le raccolte fondi, vendite degli oggetti – ricordi con l’immagine della Pieve ed anche sono state chieste le offerte secondo le possibilità alla popolazione di Rapolano.

Oggi insieme all’Architetto Bratto abbiamo presentato alla Curia Vescovile di Arezzo il progetto per la ricostruzione del campanile e siamo in attesa della nulla osta da parte di questo ufficio e da parte dell’Ufficio della Soprintendenza di Siena.

Nel fra tempo non smettiamo di pregare e chiedere l’intercessione della nostra Madre della Consolazione del aiuto materiale per questa opera. Ciascuno può aiutarci con la preghiera e chi ha la possibilità materiale e desidera aiutarci può fare il bonifico bancario sul c/c della Parrocchia. Di sotto riportiamo il numero:

C/C IT 49 E 01030 71980 000000 396214

Parrocchia Santa Maria Assunta

Prego cortesemente scrivere la causale:

contributo per il Campanile di s. Vittore.

Dopo lunga storia della Pieve e le sue vicende oggi nel 2018 dopo 15 secoli la nostra Pieve si fa sentire. La sua voce non è quella delle mass media e delle social media, ma una voce dolce e soave della maestosità del luogo dove uomini di fede hanno costruito un’icona del paese e casa di Dio in mezzo alla gente.

Concludendo questo piccolo saggio vorrei ringraziare per la pazienza durante la lettura e invito tutti i lettori alla riflessione che vorrei alzare nel prossimo saggio intitolato: Pieve di s. Vittore – sfida contro agnosticismo e l’indifferenza religiosa d’era moderna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] https://www.borghiditoscana.net/crete-senesi/

[2] E. LECCHI, D. MAZZINI, Rapolano e il suo territorio notizie e documenti, ACRT 1983, 29.

[3] Ibidem, 47

[4] A. MARRONI, Prime comunità cristiane e strade romane nei territori di Arezzo – Siena – Chiusi, Siena 1973, 36.

[5] Ibidem, 37.

[6] Op.cit., borgiditoscana

[7] Not. scavi, 1878, 304

[8] Cfr. A. TAROCCHI, Di alcune antiche strade dell’Etruria Settentrionale, in l’Universo, LI, 1971. n. 2, 347. Op. cit. A. MARONI, 36 ss.

[9] Le testimonianze vengono riportate per intero per non perdere il senso della ricerca dell’autore e delle tesi. Grazie a dott. Mazzini possiamo presentare una storia del paese e delle sue strutture in modo accurato e preciso.

[10] Lapide di cm 80, 5 X 59: “A Dio Ottimo Massimo. Questo antichissimo tempio, che fu innalzato nel quarto secolo, sotto il titolo di San Vittore, ed oggi restituito nell’originario aspetto, con incessante preoccupazione e spese dell’Arciprete Gaspare Oretti, aiutato comunque dal denaro pubblico e privato. Il reverendissimo A.D. Giovanni Volpi di Lucca, recentemente vescovo di Arezzo, con grande concorso es esultanza di popolo, dedicò e consacro nel giorno sette ottobre dell’anno 1905”.

[11] C. LAZZERI, Donazione del tribuno romano Zenobio al vescovo d’Arezzo San Donato (Secolo IV), Arezzo 1938.

[12] U. PASQUI, Documenti per la storia della città di Arezzo nel Medio Evo, Firenze 1899, vol. I, 4.

[13] M. PELLEGRINI, Chiesa e città. Uomini, comunità e istituzioni nella società senese del XII e XIII secolo, Italia Sacra, 78, Roma 2004, 11-13.

[14] C. LAZZERI, cit., 12.

[15] Ibidem, 20.

[16] Ibidem, 22.

[17] Ibidem, 25

[18] A. MARRONI, 149; A. CAPPELLI, Cronologia cronografica e calendario perpetuo, Milano 1998, 206.

[19] op. cit, M. LECCHINI, D. MAZZINI, 48-53.

[20] E. LECCHINI, D. MAZZINI, Rapolano e il suo territorio (Vol II), B&B Editrice 1992, 21-28.

[21] E. LECCHINI, D. MAZZINI, ibidem.

[22] Ibidem, 27.

[23] C.I.L., IX, 5730 3 5731.

[24] Zona industriale del Comune di Rapolano Terme porta fin d’ora il nome Sentino.

[25] MAGNO FELICE ENNODIO, Epis., 8:(A Fausto) usto) “Continuo me cum lacrimis ad caelestis maedici auxilia converti et domni Victoris oleo totum corpus, quod jam sepulcro parabctur, contra febres armavi. … Mox fervor ille aeterni frigoris procurator intepuit. .. “E Eucharisticon de vita sua, ancora parlando della propria guarigione, dice: “me ad beati Victoris martyr is praesidia saepe erperta transvexi et opem fortissimi precatus … per testemprobatissimum beatum Victorem intimanda suggessi…” Questi due ultimi passi fanno pensare che il martire milanese fosse molto venerato come santo guaritore.

[26] P. M. CONTI, Residui di culti milanesi ai margini delle province metropolite milanesi, in Riviste di storia e lettura relig. II, (1966), 59 e seg.

[27] P. M. CONTI, Ricerche sulle correnti missionarie nella Lunigiana e nella Tuscia nei secoli VII e VIII, in Archivio Storico per le province parmensi, IV s., XVIII, 1966.