Ognuno di noi sta lottando per qualcosa, andando da qualche parte. Dove? Qual è la fine del nostro viaggio? La direzione? Chi ci guiderà e ci indicherà la strada? Sono domande molto importanti a cui rispondiamo in pratica attraverso le nostre scelte, non sempre consapevolmente. Dimentichiamo che siamo in viaggio, un viaggio che finisce nella mortalità, ma non finisce qui. Troppo preoccupati per ciò che sta accadendo qui e ora, non pensiamo alla direzione della strada e al suo obiettivo finale. Ma stiamo andando da qualche parte. Dove?! È solo la corrente dell’onda generale? Ma che dire della fine allora?! Cosa possiamo fare in questa prospettiva?

S. Paolo ricorda a tutti noi cristiani:

“la nostra patria è in paradiso. Da lì, come Salvatori, attendiamo il nostro Signore Gesù Cristo, che trasformerà il nostro corpo umiliato nel suo corpo glorioso” (Fil 3, 20s).

Non è un caso che la Chiesa ci doni questo testo all’inizio della Quaresima, un periodo di speciale riflessione sulla vita e sulla conversione. Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare cambiando la sua prospettiva e vedendo l’obiettivo. Chiusi nella prospettiva ristretta della mortalità, possiamo solo dire con il Qoèlet: “Vanità delle vanità, tutta vanità”. Se siamo troppo attaccati alla mondanità, la fine che appare all’orizzonte è spaventosa. Ma questa paura è solo una tentazione contro il coraggio di seguire la chiamata di Dio. Abramo, il padre dei credenti, ascoltò la chiamata di Dio e Lo seguì. Egli fece la Sua promessa, e perciò Dio fece un patto con lui. È andato nell’ignoto. L’esperienza gli aveva mostrato che tutte le promesse di Dio erano state mantenute nonostante le molte difficoltà che aveva dovuto affrontare. Ha visto come la benedizione di Dio si è realizzata nella sua vita. Non significa vita facile, ma significa che nella vita si realizzerà un bene fondamentale: avrà molti figli da una moglie sterile! Sebbene fosse umanamente incredibile, affidandosi a Dio si è avverato.

Tuttavia, la promessa di Dio va ben oltre l’orizzonte dell’uomo: la nostra patria è in paradiso. Dio dona sempre secondo la sua misura, e non secondo le nostre aspettative. Ecco perché a volte ci sono incomprensioni su come soddisfare le nostre richieste a Lui. Le nostre richieste sono troppo limitate. Non tengono conto del contesto più ampio della vita. Incontrarli non sarebbe sempre un bene per noi. Un esempio è la prosperità che desideriamo. Purtroppo porta spesso all’indifferenza religiosa, e talvolta anche a un profondo declino, come avveniva con il “figliol prodigo”. Quando Dio dona, dona molto di più e più profondamente, perché dona secondo la sua misura. Ma dà anche a modo suo, che di solito sorprende completamente. A volte il Suo dono in termini umani sembra proprio l’opposto. Questo è ciò che hanno sperimentato i discepoli del Signore. Il vangelo di oggi descrive la scena della trasfigurazione sul monte Tabor. Sembrerebbe che il Signore abbia finalmente mostrato chi è e la lotta contro il male di questo mondo avrà inizio. Per questo Pietro propone di allestire l’accampamento del Signore, in un certo senso, lo stato maggiore della guerra. Ma niente di tutto questo. La lotta è infatti in corso, ma non sarà il punto decisivo del Tabor, bensì del Golgota. Questo è ciò di cui parlò il Signore Gesù con Mosè ed Elia.

Grazie alla croce e alla risurrezione, “Cristo trasformerà il nostro corpo umiliato per assomigliare al suo corpo glorioso, con la forza di poter soggiogare anche tutto ciò che è” (Fil 3,21). Lo sperimenteremo quando noi stessi prendiamo la nostra croce per seguirlo.