Guardate il video e poi vi invito a leggere questa riflessione pasquale.

Spero che state bene e in qualche modo andate avanti anche se preoccupati del futuro. Coraggio. C’è la faremo come sempre. Oggi una piccola riflessione sul vangelo odierno della III Domenica di Pasqua. Siccome il Vangelo è per la nostra vita proviamo a riflettere e ha viverlo nella  quotidianità. Così nel quadro dipinto con la vita dei discepoli proviamo a vedere  se ci siamo anche noi lì dentro?

 

Puntualizziamo 2 cose che fanno parte dell’esperienza vissuta dai discepoli a Gerusalemme:

  1. Discepoli: Delusione e tristezza per la morte in croce di Gesù che ha portato un radicale sconvolgimento, un terremoto, che cancellò le loro speranze e i progetti. Nessuno di loro, nemmeno lontanamente, immaginava che il Messia finisse i suoi giorni in quel modo.

Vita nostra: Come va? Bene! E poi si comincia con le lamentele oppure con le cose inesistenti tipo grandi successi ect. Cmq si fa un bel racconto.

La lamentela è qualcosa di totalmente radicata nella quotidianità del “professionista” lamentoso che impiega un dispendio di energie e tempo tali da non permettergli di godere nemmeno delle piccole cose. Come può ad esempio gioire di una cena fuori se avrà da ridire sul ristorante, sul cibo, sul servizio e chissà quali altri particolari? Lo stesso del hotel, della chiesa, del negozio ect. Questo naturalmente può innescare il meccanismo della profezia che si autodetermina. Se non si riesce nemmeno ad immaginare una situazione positiva, in un modo o nell’altro ci si predisporrà per realizzarla in senso negativo. E tutto a sua volta confermerà le convinzioni iniziali andando ad alimentarle ulteriormente.

Però, attenzione ci sono così detti lamentosi professionisti oppure lamentosi in modo cronico per diversi motivi. È autoconvinto di avere il diritto di potersi lamentare di tutto, come se in un certo modo possa ottenerne un riscatto. E non finisce qui: il lamentoso cronico pretende che gli altri accolgano le sue modalità altrimenti vengono tacciati di egoismo e scarsa comprensione.

  1. Discepoli: Fuga e solitudine. Meglio lasciare Gerusalemme, tira una bruttissima aria. I discepoli sono tutti fuggiti o nascosti nelle case e nel cenacolo. Due fra questi hanno preso la strada verso casa, Emmaus. Dopo un fallimento è molto problematica la regolazione dell’immagine di sé: e noi speravamo! Sembrano traditi nei loro sentimenti e nelle aspettative. Erano un narcisisti ed egoisti nel senso, di essere grandi accanto a Gesù.

Vita nostra: Dopo un fallimento è molto problematica la regolazione dell’immagine di sé, con importanti conseguenze sul piano relazionale. È un concetto che emerge evidente nella personalità narcisistica ed egoista. Ha un senso grandioso d’importanza (per es., esagera risultati e talenti, si aspetta di essere considerato superiore senza un’adeguata motivazione).

Le conseguenze di questo fallimento possono essere tantissimi ma ho fatto un picco accoppiamento:

  1. È assorbito da fantasie di successo, potere, fascino e bellezza illimitati, o di amore ideale.
  2. Credere di essere speciale e unico e di poter essere capito solo da, o di dover frequentare, altre persone (o istituzioni) speciali o di classe sociale elevata.
  3. Richiedere eccessiva ammirazione.
  4. Avere un senso di diritto (cioè l’irragionevole aspettativa di speciali trattamenti di favore o di soddisfazione immediata delle proprie aspettative).
  5. Sfruttare i rapporti interpersonali (cioè approfitta delle altre persone per i propri scopi).
  6. Mancare di empatia: è incapace di riconoscere o di identificarsi con i sentimenti e le necessità degli altri.
  7. È spesso invidioso degli altri, crede che gli altri lo invidino.
  8. Mostrare comportamenti o atteggiamenti arroganti e presuntosi.

(Tutti questi comportamenti si notano nella vita dei discepoli. Basta prendere il Vangelo e sottolineare queste tesi) 

In questa situazione raccontata da Luca Evangelista entra Gesù. Si affianca come uno sconosciuto, un viandante come loro. Attacca bottone chiedendo ragione dei loro discorsi. Si fermano quasi offesi: quell’uomo non vede che stiamo male? Che siamo tristi? Che siamo meritevoli di commiserazione? Ma dove viene questo insensibile? Ma dove vive? Non sa le cose spaventevoli che sono successe a Gerusalemme?

Gesù sorride: che cosa?

Cominciano a raccontare della morte del Maestro, loro Maestro, del Suo strazio, della Sua croce. Sono tristi e pronunciano la madre di tutte le frasi tristi del Vangelo: noi speravamo. Come sarebbe a dire: abbiamo puntato un cavallo sbagliato oppure abbiamo preso una Brenna! Cecchi e tristi non si sono accorti che Lui cammina al loro fianco. Di più, Lui non abbandona mai chi ha accolto il suo insegnamento, la sua pratica di vita e la missione.

La lezione di Gesù:

  1. La causa dell’incomprensione sta nel “corto circuito” che impedisce il procedere correttamente: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!”. La stoltezza deriva dal non aver approfondito, meditato e, di conseguenza, sintonizzato con le indicazioni dei profeti riguardo alla fedeltà all’Alleanza. La loro stoltezza del cuore che viene dal progetto di vita personale e sociale di tutt’altro ordine e questa provoca la lentezza nell’assumere la conoscenza dell’adeguato progetto, pur con rovesci e dolorose conseguenze. Queste a loro volta sono la causa dell’incomprensione della persona e della missione di Gesù.
  2. Rimedio contro la stoltezza è l’istruzione! E, “cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui”. 

La vita dei discepoli è cambiata. L’effetto è testimoniato dagli stessi discepoli: “Non ardeva forse il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”. Torniamo a raccontare questa gioia agli altri.

La nostra vita. Nel cammino della vita, i viandanti, gli evangelizzatori, devono riferirsi alle Scritture per capire il senso di quello che sta accadendo, per quanto drammatico e sconcertate esso sia. È necessario riflettere e meditare avendo ben chiari i punti nodali e gli aspetti imprescindibili che sintonizzano con l’avvento del Regno di Dio nelle mutevoli circostanze degli eventi e della storia. L’opportuno coinvolgimento è fonte di saggezza e di gioia interiore.

Questa è la parte più difficile e molto problematica da capire e spiegare. La domanda che dobbiamo porgere è: ma cosa è il progetto di Gesù per noi. Cosa è il senso della vita? Papa Benedetto ha lasciato una interessante riflessione su questo argomento e dice che cristiani: “Sono chiamati a vivere la gioia della Resurrezione. Incontrare Cristo provoca felicità. I discepoli devono avere la capacità di provare la stessa gioia dei primi seguaci di Gesù, i quali quando lo videro il giorno dopo il sabato, “provarono gran gioia” nel vedere il Signore”. Noi credenti del nuovo millennio, che viviamo in una cultura post cristiana e post moderna, sentiamo nel cuore lo stesso ardore provato dai discepoli quando videro il maestro? La fede cambia la percezione della vita. Senza Cristo tutto sfocia nel nulla. In Lui invece, si conquista tutto. Ci dona la vita eterna. È ciò che la Chiesa proclama senza sosta da due millenni”.

E noi siamo parte di questa comunità che Gesù ha desiderato. Grazie a noi forma la Chiesa che a sua volta invita tutti perché insieme camminiamo verso la vita eterna. Uno dei fondamenti di questa nostro è la professione di fede: “credo nella vita eterna”. Allora che senso ha la vita terrena? È un continuo mostrarci che amo, credo e vivo come Cristo mi ha insegnato! Che nella mia vita incarno ogni giorno il Vangelo lasciandomi guidare da Gesù presente in questa nostra comunità. In proporzione alla distanza che ci separa dalla comunità, siamo lontani da Gesù presente in essa.

Ora i discepoli di Emmaus ci svelano il mistero della Sua terrena presenza in mezzo a noi ma attenzione siamo non basa sapere cosa ci raccontano i discepoli. Ora tocca a noi.

Prima di proseguire con la lettura ascolta:

 

Quando i discepoli hanno capito l’idea di Gesù (spiegata loro da questo sconosciuto), subito sorge spontaneo, autentico e sincero l’invito rivolto di restare e condividere con loro la cena: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”, non solo per l’orario della giornata ma, sicuramente, per l’interessante, avvincente conversazione, e per la rianimazione del rapporto, della comunione, dei sentimenti e per la profondità di essi.

E qui che è stato compiuto un fondamentale precetto che è accoglienza di Gesù nella vita. Grazie ad accoglienza arriva il miracolo: nello spezzare il pane (memoriale dell’Eucarestia), “si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”. L’incontro e la comunione eucaristica con Gesù, Risorto e Vivente in eterno, anticipa la domenica senza tramonto, quando non ci sarà più fatica né dolore né lutto né lacrime, ma solo la gioia di vivere pienamente e per sempre con il Signore. Non andiamo a Messa per dare qualcosa a Dio, ma per ricevere da Lui ciò di cui abbiamo davvero bisogno. Partecipare alla Messa domenicale vuol dire che solo con la grazia di Gesù, con la sua presenza viva in noi e tra di noi, possiamo mettere in pratica il suo comandamento dell’amore fraterno, e così essere suoi testimoni credibili.

“Ma egli spari dalla loro vista”. Gesù non è più disponibile nelle stesse condizioni come lo era prima della morte. D’ora in avanti lo si può incontrare e riconoscere nel cammino della condivisione della Parola e del Pane – Lui stesso – in modo che l’esistenza e il vissuto fra due o tre persone diventi dono di sé stesse per la causa del Regno, ossia Eucarestia, rendimento di grazie a Dio. Oggi solo qui troviamo Gesù.

Un abbraccio da parte mia e delle nostre Suore con il costante ricordo nell’Eucarestia.

Coraggio la vita è una ruota importante che ci sia Gesù a metterla in movimento. E se lo fa Lui andrà sempre in una giusta direzione.